Oggi parleremo di NATO 2030, un progetto
che ha come obiettivo quello di costruire una linea strategica condivisa per
questo decennio in merito la regolamentazione del cyberspazio.
L'Alleanza è in costante evoluzione. In
particolar modo, oggi è necessario fornire risposte a una situazione globale in
cui gli Stati Uniti non sono più i protagonisti indiscussi della scena
politica. Da una parte, la minaccia di una potenza revisionista concorrente, la
Cina, dall’altra una vecchia potenza intenzionata a non cedere, la Russia.
Non mancano, poi, una serie di
problematiche di natura globale come il cambiamento climatico, la politica
energetica e, come ultima arrivata, la crisi pandemica, che un’alleanza di
carattere militare non può ignorare. In tutti questi scenari, uno spazio
importante è stato conferito alle tecnologie informatiche, sia quale strumento
militare in senso stretto, sia quale elemento ibrido di competizione politica
da parte di attori ostili.
Il progetto ha avuto inizio nel dicembre
2019 con una serie di incontri, seminari e summit per poi terminare in un
documento riassuntivo, contenente una serie di analisi da parte di esperti
indipendenti.
Il report contiene riflessioni di natura
macropolitica e costituisce una vera e propria vision strategica per i prossimi
anni. Non sorprende, per esempio, l’analisi redatta dal finlandese Juha Kokkola
(spero di averlo pronunciato bene….) sull’utilizzo aggressivo da parte della
Russia dei mezzi informatici.
<span lang="EN-GB">Quest’ultima potrebbe inoltre disporre di
un proprio ecosistema Internet del tutto indipendente dall’esterno a partire
dal 2024.<o:p></o:p>
<span lang="EN-GB">Ciò implica la possibilità per Mosca di
intensificare gli attacchi on-line senza aver particolare timore di ritorsioni,
considerata la capacità di staccare la propria rete web da quella globale,
qualora fosse necessario.<o:p></o:p>
Esistono tuttavia scenari ancora più
eclatanti in ambito tecnologico che destano non poche preoccupazioni nella
NATO. Con la definizione di “Emerging and Disruptive Technologies”, il report
indica tutta quella serie di tecnologie di nuova generazione destinate a
mutare, se non lo hanno già fatto, gli equilibri dal punto di vista militare,
tecnologico e politico. Osservati speciali sono i computer quantistici, la
diffusione dei big data e lo sviluppo esponenziale delle capacità offerte
dall’intelligenza artificiale, tecnologie in cui la Cina fa passi da gigante.
Il cyberspazio è affrontato in una sezione
ad hoc del documento NATO 2030, dove vengono presi in considerazione ambiti più
tradizionali associati al conflitto su Internet quali lo spionaggio, il
sabotaggio di dati e la disinformazione a carattere sovversivo. Qui l’analisi
effettuata dagli esperti assume toni discordanti. Da un lato, le minacce non
vengono considerate come un pericolo di natura militare in sé, anche per la
difficoltà nel risalire con certezza ai mandanti politici degli attacchi. Al
contempo però, viene sottolineato il riconoscimento del cyberspazio quale
territorio a tutti gli effetti teatro d’intervento dell’Alleanza.
Tra le esortazioni poste alla fine del
capitolo, rientra un maggior utilizzo dell’Articolo 4, ossia l’appello alla
sicurezza e integrità politica comune, in funzione attiva e non solo come
strumento di reazione. Ne consegue che la posizione NATO rispetto a questo
aspetto della cybersecurity sia ancora di natura prettamente conservativa,
volta a contenere eventuali escalation di instabilità politica e sociale legate
ad attacchi informatici. Sebbene l’intento sia cambiare tale paradigma, la
strada in questo senso è stata appena presa.
Tracciando un quadro complessivo di NATO
2030 in merito l’ambito della cyberwarfare e della cybersecurity, sicuramente
sono emersi diversi aspetti interessanti, tali da aver suscitato una serie di
ulteriori riflessioni da parte di esperti e addetti ai lavori.
<span lang="EN-GB">Il documento rappresenta senza dubbio un
primo tentativo di affrontare la questione nella sua totalità. Lo svantaggio nel campo del conflitto
informatico accumulato da molti dei Paesi NATO rende l’intera Alleanza bersaglio
di attacchi. Risulta quindi fondamentale tutelare i
punti deboli per quanto riguarda gli aspetti informatici, dal punto di vista
tecnologico, militare e politico.
D’altra parte però, la divisione tra ambito
bellico e ambito di sicurezza appare già oggi come obsoleta. Le tecnologie
avranno senza dubbio un forte impatto nel warfare di natura tradizionale, ma
con ogni probabilità soprattutto in quello asimmetrico, con le tipologie di
rischi di natura ibrida. Appare evidente che l’esitazione nell’integrare i due
aspetti, securitario e militare, derivi dalla paura di pesanti ripercussioni
sulle opinioni pubbliche occidentali di una saldatura tra elementi di sicurezza
informatica a livello interstatale e comparto militare.
Appare inoltre evidente che la volontà di
preservare l’aspetto regionale anche per quanto riguarda le tecnologie
informatiche, innanzitutto per evitare tensioni con vicini e partner, sia un
ulteriore grosso limite per un elemento, il cyberspazio, che tra le sue
caratteristiche intrinseche ha il completo distacco dall’elemento territoriale.
Per concludere, nove anni possono sembrare
un tempo ragionevole per un documento strategico, ma dal punto di vista delle
tecnologie informatiche possono costituire diverse epoche di innovazione,
esattamente come è avvenuto nel decennio precedente. Occorre quindi un costante
lavoro di elaborazione di tattiche flessibili a breve termine. Sotto questo
aspetto, si gioca con ogni probabilità la partita per far sì che il cyberspazio
non costituisca il il tallone d’Achille di un’Alleanza che ha sempre più
bisogno di rinnovarsi.