L’approfondimento odierno riguarda il private equity, una forma di investimento nell’economia reale che ne sostiene la crescita e lo sviluppo. Si tratta infatti di un’attività che si concentra sulla ricerca di aziende che hanno un potenziale da esprimere, affiancandole e aiutandole a delineare un progetto strategico.
Partiamo con ordine: che cosa è il private equity?
Il private equity è una forma di investimento di medio-lungo termine in imprese non quotate sui mercati regolamentati, come la Borsa Italiana, ad alto potenziale di sviluppo e crescita (le così dette high growth companies) effettuata prevalentemente da investitori istituzionali, con l’obiettivo di ottenere un consistente guadagno in conto capitale dalla vendita della partecipazione acquisita o dalla quotazione in borsa.
L’AIFI- Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt, con la delibera del Consiglio Direttivo del 22 luglio 2004, definisce il Private Equity come l’attività di investimento nel capitale di rischio di imprese non quotate, con l’obiettivo della valorizzazione dell’impresa oggetto dell’investimento ai fini della sua dismissione entro un periodo di medio-lungo termine.
Si definisce, invece, venture capital l’attività di investimento in capitale di rischio realizzata da operatori professionali e finalizzata alla realizzazione di operazioni di early stage (seed e start up) e later stage venture ed expansion capital. In senso stretto si riferisce ai soli investimenti in imprese nelle prime fasi di vita (seed, start up e later stage).Quindi, in che cosa consiste l’attività di private equity?
L’attività di private equity non riguarda unicamente l’apporto di capitale di rischio, ma anche una serie di attività che sono legate e funzionali all’idea imprenditoriale. Diventa così fondamentale l’apporto professionale dello stesso investitore nell’attività della società in termini di decisioni strategiche dell’impresa.
Il private equity può essere considerato un valido strumento per far nascere nuove imprese, soprattutto perché quelle giovani hanno bisogno di capitali per avviare la propria attività imprenditoriale, non sempre reperibili attraverso i tradizionali canali bancari o il mercato borsistico (che diversamente si indirizza ad aziende mature) e far crescere quelle esistenti, per stimolarne lo sviluppo, la competitività e la produttività.
Il private equity, inoltre, può aiutare a gestire una situazione di crisi di un’azienda, una ristrutturazione degli assetti aziendali o far fronte alle criticità che potrebbero emergere per un passaggio generazionale.
Come funziona il private equity?
Un fondo di Private Equity ha una durata media di circa dieci anni, duranti i quali si distinguono tre fasi:
* L’attività di raccolta,
* L’attività di investimento e, per ultima
* L’attività di disinvestimento.
Ma allora, chi investe nel private equity?
Investire nelle operazioni di private equity era, fino a non molto tempo fa, un’opportunità riservata ai soli investitori istituzionali, quali fondi sovrani, fondi pensioni, fondazioni, etc. Oggi, però, esistono anche fondi di private equity che raccolgono il capitale degli investitori privati attraverso un pool per poi investirlo in singole aziende o in un portafoglio di più imprese. C’è inoltre la possibilità di acquistare fondi di fondi di private equity o azioni di società di private equity, che a loro volta sono quotati in borsa. Qual è il mercato del private equity e venture capital in Italia?
I dati sul mercato italiano del private equity e venture capital nel primo semestre del 2022 sono evidenziati dal risultato dell’analisi condotta da AIFI, in collaborazione con PwC Italia e mostrano che la prima parte dell’anno ha registrato una raccolta complessiva pari a 1.704 milioni di euro, in calo del 40% rispetto al primo semestre del 2021, che era stato caratterizzato da alcuni closing di dimensioni significative. Le fonti principali della raccolta sono state: assicurazioni, 24%, fondi pensione e casse di previdenza, 17%, e settore pubblico, 12%. L’ammontare investito è stato pari a 10,9 miliardi di euro, in crescita del 139% rispetto ai 4,6 miliardi del primo semestre del 2021. Il numero di operazioni si è attestato a 338, in crescita del 34% rispetto alla prima parte del 2021 (per 253 investimenti).
Quali sono i vantaggi del private equity?
Come sempre, la decisione di investire in una asset class va contestualizzata all’interno di un portafoglio e considerata in base al profilo di rischio del singolo investitore. Il consulente finanziario è la figura di riferimento per questo tipo di valutazione.
Il nostro ruolo diventa ancora più importante nel momento in cui si tratta di investire in asset privati che, in quanto tali, non hanno una quotazione giornaliera di riferimento e non sono immediatamente liquidabili. Il consulente finanziario deve quindi saper commisurare quella che potrebbe essere un’opportunità di investimento con la situazione patrimoniale della persona e la sua inclinazione verso una determinata tipologia di investimento.
Investire in un fondo di private equity significa farlo in una asset class solitamente poco correlata con l’andamento dei mercati finanziari pubblici e offre la possibilità di ritorni significativi. Questi ultimi vengono realizzati o con la quotazione dell’azienda in cui si è investito in Borsa o attraverso la sua vendita attraverso un canale privato. Ma le performance? Qual è stato il trend del private equity in Italia?
Nel 2021 il mercato del private equity si conferma attivo, realizzando una performance con un tasso interno di rendimento lordo (si legge sui giornali la sigla IRR) pari a 19,2%, in linea con il trend degli anni passati. È quanto emerge dalla periodica rilevazione realizzata da KPMG, in collaborazione con AIFI.