Interessante sentenza della Corte di Cassazione n.28259, depositata il 28.9.22, perché affronta il come interpretare la disposizione testamentaria a proposito della qualificazione da dare al chiamato all’eredità, se erede o legatario.
Prima di affrontare questa sentenza vediamo quali sono le differenze tra erede e legatario.
Un erede legittimo è una persona che è prima in linea di successione e non è “soggetta a disinvestitura”, cioè alla perdita del diritto alla successione, se non a seguito di modifiche alle regole di successione. La legge italiana definisce eredi legittimi i parenti più stretti di un defunto, come il coniuge, i figli, i genitori, i fratelli e le sorelle, e successivamente gli altri parenti e, infine, lo Stato.
Un legatario è chi invece riceve dei beni determinati. Pertanto, l’erede riceve l’eredità, mentre un legatario riceve, dal de cuius, un legato.
L’aspetto sicuramente più evidente della differenza tra eredità e legato è quello riguardante l’individuazione del soggetto che deve far fronte ai debiti che il defunto avesse contratto e non pagato prima del suo decesso.
Nel caso specifico, il testatore aveva attribuito beni determinati ai due nipoti, istituendo erede la moglie, precisando, tuttavia, che tali attribuzioni non dovevano superare il valore del 40% dell’asse ereditario: in particolare, aveva lasciato ai due nipoti la quota a lui spettante sulla casa della famiglia di origine, oltre denaro rappresentato anche da titoli di investimento.
La moglie del testatore impugnerà il testamento per far dichiarare la qualità di eredi anche dei nipoti e così farli partecipare alle spese, sia di ristrutturazione dell’immobile, sia quelle relative alle imposte di successione e funerarie.
Le Corti di merito (sia il Tribunale quanto la Corte d’appello) respingeranno la domanda, mentre la Corte di Cassazione accoglierà il ricorso richiamando il costante orientamento secondo il quale, in tema di distinzione tra erede e legatario, ai sensi dell’art. 588 del codice civile, l’assegnazione di beni determinati configura una successione a titolo universale (institutio ex re certa), qualora il testatore abbia inteso chiamare l’istituito nell’universalità dei beni o in una quota del patrimonio relitto, mentre deve interpretarsi come legato se egli abbia voluto attribuire beni singoli ed individuati, come richiamato da varie sentenze e pronunce della Cassazione.
Nel caso di specie, l’argomentazione proposta dalla Corte d’appello è stata ritenuta viziata rispetto all’applicazione delle norme indicate in ricorso, atteso che ciò che è essenziale ai fini del riconoscimento del carattere universale della disposizione è la possibilità di una partecipazione anche dell’erede istituito ex re all’acquisto di altri beni e quindi la sua attitudine a raccoglierli in proporzione della sua quota, da determinarsi in concreto attraverso il rapporto proporzionale tra il valore delle res certae attribuite e il valore dell’intero asse.
Solo se non vi è quell’attitudine, e l’acquisto è limitato esclusivamente a beni determinati, il chiamato, anche se designato erede, è considerato legatario.
La Corte distrettuale, pur non trascurando l’indagine oggettiva e soggettiva sul contenuto dell’atto, ha convogliato il suo convincimento sul fatto che il testatore, con la delazione ai due nipoti della sua quota sulla casa familiare, si fosse premurato di specificare che il valore del fabbricato, sommato all’ulteriore liquidità loro assegnata, non avrebbe dovuto superare il 40% dell’intero patrimonio.
Ha però attribuito, a tale precisazione, l’unico significato dirimente di non voler pregiudicare la posizione economica della consorte superstite, senza tuttavia valutare se detta precisazione fosse, invece, espressione di un rapporto proporzionale tra i singoli lasciti assegnati ai coeredi, atteso che il testatore aveva ipotizzato l’eventualità della vendita della sua quota di fabbricato successivamente alla disposizione testamentaria, quantificando con chiarezza la quota (vi ricordo del 40%) della delazione rispetto all’intero suo patrimonio.
Tale eventuale vendita della quota della casa della famiglia avrebbe, infatti, stravolto l’assetto voluto dal de cuius, cancellando quel bene determinato che, secondo la Corte d’appello, avrebbe rappresentato oggetto di legato; sarebbe, invece, rimasto solo il limite di lascito del 40% dell’intero patrimonio da liquidarsi sul prezzo di vendita, tenendo conto anche dell’ulteriore attribuzione di liquidità.
Non può, altresì, ritenersi che l’attribuzione della liquidità di Lire 400.000.000 costituisca essa stessa un’assegnazione di beni determinati, poiché anch’essa viene posta in alternativa tra contanti e titoli obbligazionari, e soprattutto viene inclusa dal testatore nel totale dell’eredità a favore dei nipoti, così rappresentando l’attribuzione di un’intera categoria di beni ereditari, in proporzione al lascito della moglie.