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‘A’ come Azioni: la lezione che vale oro

Benvenuti al “Glossario Finanziario dalla A alla Z”, la serie che trasforma i termini in strumenti. Oggi la A di Azioni: niente hype, solo educazione finanziaria di qualità, adesso entriamo nel vivo!»

Partiamo da un’idea semplice e potente: “Azioni: diventare soci senza essere miliardari”. Immagina di passare davanti a un negozio affollato e chiederti: “E se potessi partecipare ai suoi profitti senza comprarlo intero?”. Ecco: nel mondo della finanza questa porta esiste e si chiama azione. È lo strumento che permette a chi ha risparmi normali, non patrimoni da prima pagina, di entrare – letteralmente – nella compagine sociale di un’impresa, con diritti, doveri e prospettive di rendimento legate ai risultati dell’azienda nel tempo.

Un’azione è una quota di proprietà di una società per azioni (S.p.A.). Comprandola diventi azionista: da un lato partecipi agli utili futuri se e quando l’assemblea decide di distribuirli come dividendi; dall’altro acquisisci diritti amministrativi, tipicamente il diritto di voto in assemblea in misura proporzionale al numero di azioni possedute. Attenzione a un fraintendimento comune: l’azionista non è un creditore. Il creditore presta denaro e ha diritto a interessi; l’azionista mette capitale a rischio, partecipa alle sorti dell’impresa e la sua responsabilità è limitata a ciò che ha investito. Tradotto: puoi perdere anche tutto il capitale investito, ma non “la casa in cui vivi”. Questa distinzione – proprietà vs credito – è fondamentale per capire cosa stai comprando quando compri un’azione.

Le azioni possono essere quotate o non quotate. Le quotate sono negoziate in mercati organizzati, con prezzi pubblici e trasparenti; le non quotate sono più difficili da comprare e vendere, con valutazioni meno “visibili” e processi più negoziati. In Italia, l’esempio classico di mercato regolamentato è Euronext Milan, dove si concentrano società medio-grandi soggette a requisiti informativi severi. Accanto a questo c’è Euronext Growth Milan, dedicato a PMI in crescita con requisiti di ammissione e di flottante più agili; al suo interno esiste anche il Segmento Professionale, pensato per la negoziazione tra soli investitori professionali. Queste differenze non sono accademia: influenzano trasparenza, liquidità, volatilità e – in pratica – l’esperienza d’investimento del piccolo risparmiatore.

Per fissare le idee, uso una metafora che non si dimentica: il condominio. In condominio ciascuno ha “millesimi” diversi, cioè quote. Più millesimi hai, più conti in assemblea e più partecipi a spese e benefici. Le azioni sono i “millesimi” dell’impresa: ti attribuiscono diritti economici (come i dividendi, se deliberati) e diritti amministrativi (come il voto su bilancio, nomina degli organi, operazioni straordinarie). Questa immagine chiarisce due confusioni tipiche: essere proprietari non equivale a essere creditori; e i diritti economici non coincidono con quelli amministrativi. Avere poche azioni dà voce più piccola, ma sempre voce; averne molte accresce il peso in assemblea, esattamente come accade tra i condomini.

Facciamo un passo indietro nella storia, perché ci dice molto sul presente. La finanza “a capitale diffuso” nasce ad Amsterdam nel Seicento. Nel 1602 la Compagnia Olandese delle Indie Orientali – la VOC – raccoglie capitali dal pubblico in cambio di azioni in un’operazione che ricorda una moderna IPO; poco dopo prende forma un mercato secondario che evolve nella Borsa di Amsterdam, il primo vero mercato azionario moderno. Non è folklore: è la prova che la forma-impresa con tanti piccoli soci nasce per finanziare progetti troppo grandi per un singolo mercante. Oggi quel principio vive nelle borse globali e permette anche a un piccolo risparmiatore italiano di diventare socio – in minima parte – di campioni internazionali.

Parliamo di dividendi, perché spesso generano malintesi. Il dividendo è una distribuzione di utili decisa dagli organi societari: non è automatica, e l’assemblea può benissimo decidere di reinvestire tutti gli utili in crescita e innovazione. Per questo è sbagliato pensare alle azioni come a un “conto che paga interessi”. L’interesse su un’obbligazione è un obbligo verso il creditore; il dividendo verso l’azionista non lo è. Esistono categorie speciali di azioni – per esempio “di risparmio” o “privilegiate” – che possono prevedere priorità nella distribuzione degli utili a fronte di limiti al voto. E sul fronte fiscale, in Italia i dividendi percepiti dal piccolo azionista rientrano normalmente nel regime di imposta sostitutiva sui redditi di capitale, attualmente al 26%. Non è consulenza fiscale: è cornice per evitare sorprese.

Dove “si fa” il prezzo? Se compri azioni quotate, operi tramite un intermediario autorizzato – banca o SIM – che immette l’ordine a mercato. Le regole del listino contano: Euronext Milan impone standard informativi e dimensionali elevati; Euronext Growth Milan, pensato per le PMI, ha requisiti più leggeri e quindi spesso minore liquidità e maggiore variabilità dei prezzi. Nel Segmento Professionale di EGM, poi, si negozia tra investitori professionali: non è un “divieto” per i piccoli, è una tutela, perché informativa e rischi hanno profili diversi. In sintesi: stesso nome “azioni”, ma contesti di negoziazione diversi, con impatti concreti su spread, profondità del book e costi d’esecuzione.

I rischi? Due famiglie. Uno è il rischio di mercato: crisi economiche, tassi che salgono, geopolitica, cambi di umore degli investitori. L’altro è il rischio specifico della singola società: un prodotto che non funziona, un errore strategico, un cambio tecnologico che spiazza il business. Il primo non lo elimini; il secondo lo puoi ridurre con la diversificazione, cioè comprando più azioni di settori e Paesi diversi – anche tramite fondi o ETF – così l’errore di un’azienda pesa meno sul totale. Le guide educative della Banca d’Italia lo spiegano in modo lineare: a maggior rischio corrisponde un rendimento atteso maggiore nel lungo periodo, ma il pedaggio è sopportare oscillazioni nel breve.

E infatti i numeri di lunghissimo periodo raccontano che le azioni, tra le asset class tradizionali, hanno storicamente offerto i rendimenti più alti, davanti a obbligazioni e liquidità, a fronte però di oscillazioni più ampie. Il Global Investment Returns Yearbook – il lavoro di UBS con la London Business School – documenta un premio azionario consistente in molti mercati, pur senza “assegni in bianco” per il futuro. La lezione per chi inizia è semplice e dura: investire in azioni diversificate con orizzonte pluriennale significa stringere un patto col tempo. Non è un biglietto della lotteria: è accettare volatilità oggi per un rendimento atteso più alto domani.

Rendo tutto concreto con il PAC di Marta. Ogni mese mette da parte 50 euro in un ETF azionario globale: compra pezzetti di centinaia di società, a prescindere dall’umore del mercato. Anno complicato? Utili che rallentano, quotazioni che scivolano: le sue 50 euro comprano più quote e il prezzo medio di carico scende. Anno favorevole? Utili in crescita e prezzi che salgono: il valore del portafoglio si rivaluta e, se l’ETF distribuisce, Marta incassa dividendi proporzionali alle quote possedute. Morale: non “compra sempre” alla cieca, ma decide a priori una strategia coerente col proprio profilo di rischio, la automatizza e rispetta l’orizzonte. Il PAC non cancella la volatilità: la distribuisce nel tempo.

Sgombriamo il campo da cinque miti che fanno più danni del rischio stesso. Primo: “Azioni = soldi facili”. Falso. Possono scendere, e molto; se storicamente hanno reso di più, è proprio perché ti assumi rischio. Secondo: “Il dividendo è garantito”. No: lo decide l’assemblea e può essere azzerato per reinvestire. Terzo: “Comprando azioni, decido io cosa fa l’azienda”. No: hai diritti da socio, ma non la gestione operativa. Quarto: “Basta azzeccare il titolo giusto”. Puntare su un solo titolo aumenta il rischio specifico: meglio diversificare. Quinto: “Se non capisco tutto, non posso investire”. In realtà puoi usare strumenti semplici – ETF ampi – seguendo tre regole: piccole somme, costanza, orizzonte lungo.

Non tutte le azioni sono uguali. Le azioni ordinarie danno voto e partecipano agli utili. Poi ci sono categorie “speciali” previste dallo statuto: le “di risparmio”, con privilegi economici – per esempio priorità sui dividendi – ma senza voto; le “privilegiate”, che hanno corsie preferenziali nelle distribuzioni ma voto limitato; e le azioni a voto maggiorato o plurimo, che danno più peso in assemblea a chi detiene a lungo o a determinate categorie. Perché esistono? Per bilanciare tra chi porta capitale e chi desidera stabilità nel controllo. Per l’investitore, la regola è pratica: leggere lo statuto e sapere esattamente quali diritti stai acquistando.

Due accortezze “italiane” da tenere a mente. Primo: mercati diversi, regole diverse. Un listino regolamentato come Euronext Milan impone trasparenza e requisiti più severi rispetto a mercati per PMI come Euronext Growth Milan; nel Segmento Professionale, lo ripeto, la negoziazione è per investitori professionali. Secondo: dividendi e fisco. In via generale, i dividendi del piccolo azionista rientrano nel perimetro dell’imposta sostitutiva sui redditi di capitale al 26%: non è un consiglio fiscale, ma una cornice utile per evitare sorprese in dichiarazione. Queste due note, apparentemente tecniche, cambiano molto l’esperienza d’investimento concreta.

Chiudo con un promemoria operativo in 8 mosse – da salvare e usare. (1) Nomina l’obiettivo: perché investi e quando ti serviranno i soldi. (2) Definisci il rischio che puoi sopportare senza perdere il sonno: la strategia migliore è quella che riesci a seguire. (3) Scegli il veicolo: singole azioni se sai analizzare e accetti la volatilità specifica; altrimenti fondi/ETF per diversificare subito. (4) Preferisci costi bassi: nel lungo periodo erodono il rendimento più di quanto sembri. (5) Se non sei pratico, usa un PAC: ti protegge dalle tentazioni di “entrare/uscire” sull’onda dell’emotività. (6) Ribilancia raramente ma con metodo – ad esempio una volta l’anno. (7) Leggi i documenti: KID/KIID, prospetto, statuto, relazioni. (8) Accetta la volatilità come pedaggio per aspirare a rendimenti più alti nel lungo termine.

E se dovessimo condensare tutto in una sola frase da portare via, sarebbe questa: “Azioni = piccole quote di proprietà: potenziale crescita e dividendi se deliberati, diritto di voto secondo le regole statutarie, volatilità nel breve; nel lungo periodo, con diversificazione e disciplina, possono creare valore”. È un patto col tempo e con te stesso: disciplina, pazienza, metodo. È così che l’investimento azionario smette di essere una scommessa e diventa un progetto.

Per completezza, indico anche le principali fonti e riferimenti che consolidano definizioni e buone pratiche: CONSOB – Educazione finanziaria, per definizioni, diritti, categorie e luoghi di negoziazione; Banca d’Italia – L’economia per tutti, per rischi, differenza tra azioni e obbligazioni e vantaggi della diversificazione; Borsa Italiana/Euronext e il suo Glossario “Dividendo”, per la natura non garantita dei dividendi e i cenni fiscali; UBS – Global Investment Returns Yearbook con la London Business School, per l’evidenza storica sui rendimenti di lungo periodo e il premio azionario; e gli approfondimenti storici sulla VOC e sulla Borsa di Amsterdam per capire le radici del mercato azionario moderno.

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