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Dal “sì” al “se”: patti prematrimoniali senza drammi

Parliamo di patti prematrimoniali, o meglio, di accordi patrimoniali che i coniugi possono scrivere per tempo per regolare cosa succede ai loro beni se un domani la coppia dovesse separarsi o divorziare. La novità è importante e la raccontiamo con parole semplici, perché in Italia – fino a ieri – questo tema era quasi un tabù.

Che cos’è, in pratica, un patto prematrimoniale? È un accordo scritto, firmato prima o durante il matrimonio, in cui i coniugi decidono come sistemare certe questioni economiche nel caso in cui il rapporto dovesse entrare in crisi. Non è un “invito a separarsi”, è un modo per mettere per iscritto regole chiare se le cose andassero male.

La notizia è che la Corte di Cassazione, con una decisione appena pubblicata, ha riconosciuto la liceità di questi accordi se sono equilibrati e rispettano i diritti fondamentali. La Corte li considera veri contratti, sospesi fino all’eventuale crisi: se la crisi non arriva, l’accordo resta nel cassetto; se arriva, diventa efficace.

Il caso da cui nasce tutto è molto concreto: una moglie aveva investito soldi propri per migliorare una casa intestata al marito; lui aveva messo per iscritto che, in caso di separazione, le avrebbe restituito quel valore, anche trasferendole dei beni. I giudici hanno ritenuto giusto rispettare quell’impegno, perché bilanciato e trasparente.

Questo non significa “vale tutto”. Restano intoccabili i diritti dei figli e gli aspetti che la legge riserva al giudice (come l’affidamento). Gli accordi devono essere equi, chiari, non frutto di pressioni, e non possono svuotare tutele minime: l’idea è prevenire conflitti, non creare ingiustizie.

Come si concilia tutto questo con la tradizione italiana che sembrava contraria? In passato si diceva che i diritti che nascono dal matrimonio non si possono vendere o limitare con patti privati. Negli anni, però, la giurisprudenza ha iniziato a riconoscere che, su molti profili patrimoniali, le persone possono accordarsi, purché ci sia equilibrio e buon senso.

Come si scrive bene un patto del genere? Serve mettere nero su bianco: quando scatta (per esempio al deposito del ricorso per separazione), che cosa comporta (un conguaglio, un trasferimento, un indennizzo), in quali tempi e con quali garanzie. Se “promette” un immobile, poi il trasferimento andrà fatto con atto notarile; ma già il patto chiarisce l’impegno.

Immagina una coppia in cui uno ristruttura la casa dell’altro con risparmi personali: si può stabilire da subito che, se un domani ci si separa, chi ha fatto l’investimento verrà rimborsato o riceverà un bene di valore equivalente. È un modo semplice per evitare discussioni sull’“era un regalo o no?”.

Oppure pensa a un’impresa di famiglia: si può concordare che, se il matrimonio finisce, le quote restano a chi le gestisce e l’altro riceve un compenso prestabilito. Anche qui, l’obiettivo è evitare che la crisi metta in pericolo l’attività e i posti di lavoro.

Attenzione però alla forma: una scrittura privata può bastare per vincolare l’obbligo; ma per beni immobili o quote societarie servirà l’atto pubblico o l’autentica delle firme e, quando il patto “scatta”, anche le formalità di legge (trascrizione, registrazione). Meglio farsi seguire da un legale e da un notaio.

Per misurare l’equilibrio è utile una clausola di “revisione”: se le condizioni cambiano molto o l’accordo diventa manifestamente squilibrato, le parti si impegnano a riadattarlo oppure rimettono al giudice la possibilità di ritoccarlo entro limiti precisi. È una cintura di sicurezza contro gli imprevisti.

Un’altra buona pratica è tenere separati i temi personali da quelli patrimoniali. L’accordo non decide l’affidamento dei figli, non impone scelte di vita; parla di soldi e beni, con l’idea di abbassare il livello del conflitto se mai dovesse servire. Per tutto il resto, resta decisivo il controllo del giudice.

Chi ci legge spesso si chiede: “vale anche se lo firmiamo durante il matrimonio?” Sì, perché quello che conta è la chiarezza dell’impegno e la sua correttezza. Che sia prima o dopo le nozze, l’accordo resta sospeso fino alla crisi, senza “spingere” nessuno a separarsi.

E sul piano fiscale? In genere il patto è un impegno. Se prevede il trasferimento di un immobile, le imposte si applicheranno al momento dell’atto di trasferimento; se è un conguaglio in denaro, si seguono le regole ordinarie. Qui la pianificazione con il notaio fa davvero la differenza.

Cosa mettiamo nella nostra check-list? Due consulenti indipendenti (uno per parte), stime aggiornate dei beni, tempi e modalità dei pagamenti, eventuali garanzie (fideiussione o ipoteca), clausola di revisione, e un linguaggio semplice. Un accordo chiaro è un accordo più forte.

La sostanza della novità è questa: l’autonomia privata entra anche nella famiglia, ma con prudenza. Se l’accordo è serio, equilibrato e rispettoso dei limiti di legge, può funzionare come paracadute per entrambi. Se è sbilanciato o opaco, rischia di essere messo da parte.

Qui di seguito vi lasciamo le norme e le decisioni citate, inclusa l’ordinanza che ha aperto la strada. Se volete capire come impostare un accordo su misura, siamo qui per aiutarvi a trovare la soluzione più adatta alla vostra storia.

Fonti:

• ANSA – «Patti prematrimoniali, arriva l’apertura della Cassazione» (12 agosto 2025).

• RaiNews – «La Cassazione riconosce legittimi gli accordi prematrimoniali» (agosto 2025).

• La Nazione – «Accordi prematrimoniali, la sentenza n. 20415 del 21 luglio» (13 agosto 2025).

• Il Tempo – «Accordi prematrimoniali: l’ordinanza 20415 spiega quando sono validi» (13 agosto 2025).

• Open – «La Cassazione cambia rotta: legittimi gli accordi tra coniugi» (12 agosto 2025).

• La Legge per Tutti – «Accordi pre-divorzio: la Cassazione dice sì» (22 luglio 2025).

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