Partiamo da una scena molto italiana: i conti fatti in cucina, il giornale piegato sul tavolo e una domanda semplice—“Dove metto i miei risparmi senza perdere il sonno?”. La risposta di molte famiglie, per decenni, è stata un acronimo asciutto: BOT, Buoni Ordinari del Tesoro. In questo video li smontiamo pezzo per pezzo: cosa sono, come funzionano, quanto rendono oggi, cosa rendeva ieri, quali rischi ci sono davvero e come usarli con buon senso.
Partiamo dalla definizione, senza giri di parole. Un BOT è un titolo di Stato a breve termine—3, 6 o 12 mesi—che non paga cedole: il rendimento lo ottieni perché lo compri sotto 100 e a scadenza lo Stato ti rimborsa 100. La differenza è il tuo guadagno lordo. Si sottoscrive in asta competitiva del MEF, il taglio minimo tipico è 1.000 euro, e la tassazione sui proventi è 12,5% come per tutti i titoli di Stato italiani. In pratica, presti soldi allo Stato per poco tempo e vieni “ringraziato” con uno sconto sul prezzo all’acquisto: semplice, lineare, controllabile.
Come funziona l’asta e come si forma il tuo rendimento? Le “tre mosse” sono: Asta—gli intermediari presentano richieste a diversi rendimenti e il Tesoro assegna i titoli pubblicando un rendimento medio ponderato; Prezzo—si compra sotto la pari e il rimborso è sempre a 100; Commissioni—per i piccoli risparmiatori esistono tetti massimi legati alla durata (0,03% fino a 80 giorni; 0,05% tra 81 e 140; 0,10% tra 141 e 270; 0,15% oltre 271 giorni), così eviti sorprese. In breve: conosci le regole prima di giocare e puoi stimare il netto con una calcolatrice.
Per capire perché i BOT esistono, serve un lampo di storia. Entrano nella liturgia finanziaria domestica negli anni Settanta-Ottanta, quando inflazione e tassi sono alti. Parliamo di rendimenti a un anno spesso a due cifre: nel 1991 trovi un minimo annuo intorno all’11,67% e un massimo vicino al 13,27%; in alcuni trimestri del 1984-1985 i range sul 12 mesi oscillano grosso modo tra 14% e 18%. Non è nostalgia: è contesto. Oggi il mondo è diverso—altra inflazione, altra politica monetaria, altro debito—e i BOT servono soprattutto come cacciavite di cassa per il Tesoro e parcheggio di breve per te.
E oggi quanto rendono davvero? Uno spaccato del 2025 aiuta. Gennaio 2025, BOT 6 mesi: rendimento medio 2,536%, copertura 1,53. Marzo 2025, BOT 12 mesi: rendimento intorno al 2,3%. 10 luglio 2025, BOT 12 mesi: prezzo medio 98,051, rendimento lordo composto ~1,96%, collocati 7,5 miliardi. 12 agosto 2025, BOT 12 mesi: prezzo medio 98,001, rendimento lordo ~2,012%, copertura ~1,41, con un netto stimato intorno all’1,60%. Questi numeri dicono due cose: non sono i “teen” degli anni ’80, ma offrono un rendimento ordinato in linea con tassi ed inflazione attuali.
“A cosa servono davvero?”. Al Tesoro per gestire i fabbisogni di breve periodo—pagamenti, rifinanziamenti, scadenze—senza complicare il meccanismo del debito. A te come parcheggio temporaneo: se hai liquidità che non vuoi lasciare ferma, un BOT può darti ordine e disciplina. Ricorda anche l’indice Rendistato della Banca d’Italia, che fotografa i rendimenti medi dei titoli di Stato e include pure la componente zero-coupon < 1 anno: utile bussola per capire “dove si muove” il breve.
Facciamo l’esempio di cucina. Compri oggi un BOT 12 mesi da 1.000 € a 98,001. Esborso 980,01 €; a scadenza incassi 1.000 €: il guadagno lordo è 19,99 €. Con imposta al 12,5%, il netto è circa 17,50 € (commissioni escluse). Rendimento netto approssimativo: ~1,8% sull’esborso. È tutto qui. L’unica accortezza: prima della scadenza il prezzo può oscillare, dunque chi vende in anticipo può incassare più o meno del prezzo pagato.
E qui sfatiamo due fraintendimenti. Primo: “Il BOT è come un conto deposito”. No: il conto non ha volatilità di prezzo; il BOT sì sul mercato secondario. La “garanzia di riavere 100” vale alla scadenza. Secondo: “Il rendimento me lo pagano a rate”. No: non esistono cedole, il guadagno è interamente nello sconto tra prezzo d’acquisto e rimborso. Capirlo evita delusioni e fa scegliere lo strumento per ciò che è.
Ma gli italiani lo sanno davvero come funziona? Le indagini Consob fotografano un paradosso educativo: il 92% dice di aver almeno sentito parlare di obbligazioni governative—la famiglia di BOT e BTP—ma alla prova dei fatti le conoscenze di rischio sono più fragili: circa 54% risponde correttamente sul rischio di liquidità, 67% su rischio di mercato, 40% su rischio di credito. Traduzione: i nomi sono famosi, i meccanismi molto meno. Da qui l’importanza di ripassare basi e termini.
Quindi, quando ha senso un BOT? Se cerchi orizzonti brevi, una regola semplice e una tassazione al 12,5% sui proventi. Se invece ti serve reddito periodico, non è lo strumento giusto: non avendo cedole, non genera flussi lungo la vita del titolo. E se pensi di dover vendere prima della scadenza, ricorda che i tassi e l’umore del mercato muovono i prezzi: in salita dei tassi, i prezzi dei titoli scendono e viceversa; sui BOT l’effetto è più contenuto rispetto alle scadenze lunghe, ma c’è.
Dal punto di vista operativo, come si procede in pratica? Hai due strade: asta primaria (via banca o broker abilitati, seguendo il calendario MEF) oppure mercato secondario (acquisti/vendi ai prezzi del momento). Il taglio minimo per il retail è 1.000 € e le commissioni massime dipendono dalla durata—le abbiamo elencate poco fa. Prima di comprare, chiedi sempre il prezzo “tutto compreso” e verifica liquidità e costi. Una regola da portare via: se il tuo orizzonte coincide con la scadenza, riduci il rischio di sorprese.
Rimettiamo tutto in prospettiva storica. Negli anni ’80 i BOT a 12 mesi hanno toccato trimestri oltre il 17%; nel 1991 il rendimento medio annuo è intorno al 12%. Poi un lungo declino dei tassi ha portato i rendimenti verso lo zero negli anni dieci. Dopo la pandemia, con l’inflazione, c’è stata una risalita; oggi, 2025, siamo su livelli intorno al 2% sul 12 mesi. È la cronaca di un Paese e di un continente: cambiano inflazione, crescita, banche centrali—e i BOT riflettono tutto questo, senza trucchi.
In sintesi: il BOT è sobrietà. Non fa sognare come un titolo di moda, ma mantiene la parola: se lo porti a scadenza, rimborsa 100. È il mattone del muro portante, non la vetrata della villa; tiene su la casa mentre fuori cambia il tempo. Usato al posto giusto—cassa, parcheggio, cuscinetto—funziona; usato per ciò che non è—rendita periodica, gioco di trading—delude. Questa chiarezza, più di tanti slogan, è il suo vero pregio.
Se vuoi cominciare con ordine, ecco un mini–checklist: (1) definisci quanto e per quanto tempo; (2) scegli la scadenza coerente con il tuo bisogno; (3) verifica costi e prezzo “tutto compreso”; (4) ricorda la tassazione 12,5%; (5) decidi prima se sei disposto a tenere fino a scadenza; (6) se devi vendere prima, accetta che il prezzo possa muoversi. Bastano queste sei righe per evitare il 90% degli equivoci.
Ti ritrovi in questa fotografia? Hai mai usato i BOT come strumento “ponte” tra un’uscita e l’altra, o come alternativa alla liquidità ferma? Raccontaci cosa ti ha convinto o spaventato—asta o secondario, durata, costi—così possiamo costruire esempi ancora più vicini alle tue decisioni di tutti i giorni. Il nostro obiettivo è mettere metodo dove spesso regna l’improvvisazione.
