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Patto di Famiglia: la svolta fiscale del 2025

Oggi parliamo di patto di famiglia e di una recente importante novità fiscale. In particolare, ci focalizziamo sull’ultima Risoluzione n. 12 del 14 febbraio 2025 dell’Agenzia delle Entrate, che chiarisce come devono essere tassate le somme corrisposte agli altri eredi (i legittimari non assegnatari) quando un’azienda di famiglia viene trasferita con un patto di famiglia.

Facciamo un passo indietro: cos’è il patto di famiglia? È uno strumento giuridico che consente all’imprenditore di trasferire la propria azienda (o partecipazioni societarie) a uno dei discendenti, stabilendo al contempo una liquidazione, cioè una somma di denaro o altri beni, a favore degli altri eredi legittimari. In pratica il figlio che riceve l’azienda deve “compensare” gli altri figli o il coniuge, in modo che tutti ricevano qualcosa e accettino l’accordo

Il problema che ci si è posti riguarda la tassazione di queste somme compensative: come va applicata l’imposta di donazione su questi importi? Ci si chiede se le somme date ai fratelli (o altri legittimari non assegnatari) debbano essere considerate come una donazione dal figlio assegnatario dell’azienda verso gli altri (quindi, di fatto, una donazione tra fratelli), oppure come una donazione effettuata dal genitore disponente originario a favore dei figli non assegnatari. La differenza non è da poco, perché a seconda di chi è considerato il donante e il donatario, cambiano le aliquote e le franchigie dell’imposta sulle donazioni da applicare.

Esatto. Se l’attribuzione compensativa fosse considerata una donazione tra fratelli, si applicherebbe l’aliquota prevista per le donazioni tra fratelli (attualmente 6%) e con una franchigia molto più bassa (circa 100.000 euro). Viceversa, se invece è una donazione dal genitore al figlio, si usufruisce dell’aliquota più bassa riservata a figli e genitori (attualmente 4%) e di una franchigia ben più alta (1.000.000 di euro per figlio). Capite bene che l’inquadramento fiscale cambia radicalmente il costo dell’operazione.

Ebbene, l’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 12 del 14/02/2025, ha stabilito in modo chiaro quale criterio seguire. In questa risoluzione si afferma che, ai fini dell’imposta di donazione sulle attribuzioni compensative previste dal patto di famiglia, aliquota e franchigia devono essere determinate in base al rapporto di parentela o coniugio tra il disponente e il legittimario non assegnatario. In altre parole, per il Fisco queste somme sono da considerarsi come una donazione effettuata dal disponente (cioè dall’imprenditore che trasferisce l’azienda) a favore dei legittimari non assegnatari.

Questo orientamento dell’Agenzia non nasce dal nulla, ma recepisce l’interpretazione data dalla Corte di Cassazione nelle pronunce più recenti. Facciamo riferimento soprattutto a una svolta avvenuta con la sentenza della Cassazione del 24 dicembre 2020, n. 29506. Prima di allora, infatti, c’era stato un diverso orientamento (ad esempio una ordinanza della Cassazione del 19 dicembre 2018, n. 32823) che pareva suggerire il contrario, valutando il rapporto tra assegnatario e non assegnatario (quindi tra fratelli). Ma la Cassazione nel 2020 ha rivisto quella posizione, chiarendo un punto fondamentale.

La Cassazione 29506/2020 ha spiegato che l’obbligo di liquidazione dei legittimari non assegnatari nel patto di famiglia non ha natura negoziale, ma legale, cioè è un elemento imposto direttamente dalla legge quando si stipula un patto di famiglia. Di conseguenza, la Suprema Corte ha qualificato giuridicamente questa liquidazione come un “onere” ai sensi dell’art. 58, comma 1, del Testo Unico sulle Successioni e Donazioni (D.Lgs. 346/1990). In termini più semplici, la somma che il figlio assegnatario dell’azienda deve dare ai fratelli è considerata come un onere legato alla donazione dell’azienda. E proprio per questo la Cassazione l’ha ricondotta a una liberalità indiretta dell’imprenditore (il genitore) nei confronti dei legittimari non assegnatari.

In pratica la Corte, con quella sentenza del 2020, ha concluso che la liquidazione in denaro corrisposta agli altri eredi è soggetta all’imposta sulle donazioni come se fosse una donazione effettuata dal disponente (genitore) a favore del legittimario non assegnatario (figlio). Dunque, per tornare al nostro esempio, le somme che il figlio che riceve l’azienda dà ai suoi fratelli, in realtà fiscalmente vengono considerate come se gliele avesse donate il padre.

È importante aggiungere un altro dettaglio chiarito sia dalla Cassazione sia dalla Risoluzione dell’Agenzia: l’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni prevista dall’art. 3, comma 4-ter, D.Lgs. 346/1990 – quella che permette di non pagare l’imposta quando si trasferisce un’azienda familiare a un discendente, rispettando certe condizioni – si applica solo al trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni in favore del discendente beneficiario. Non si applica, invece, alle somme liquidate agli altri legittimari. Quindi la parte di patrimonio che consiste nell’azienda può essere esente da imposta, ma le liquidazioni in denaro ai fratelli no, quelle scontano l’imposta sulle donazioni (secondo le regole che abbiamo detto poco fa).

Questo indirizzo interpretativo è stato poi confermato in varie pronunce successive della Cassazione – ad esempio con un’ordinanza del 17 giugno 2022 (n. 19561), una sentenza del 28 febbraio 2023 (n. 6077) e un’ordinanza del 16 luglio 2024 (n. 19627) – creando così un quadro giurisprudenziale coerente. L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione 12/2025, ha sostanzialmente fatto propria questa visione, eliminando i dubbi applicativi.

Quali sono le implicazioni pratiche di tutto ciò? Anzitutto, chi vuole utilizzare il patto di famiglia per tramandare la propria azienda deve sapere che, sebbene il trasferimento dell’azienda al figlio possa beneficiare dell’esenzione dall’imposta, le somme di conguaglio corrisposte agli altri figli potrebbero generare imposta sulle donazioni. La buona notizia è che, essendo considerate donazioni da genitore a figli, ogni figlio beneficiario di queste somme gode di una franchigia di 1 milione di euro e, oltre tale soglia, l’aliquota è del 4%, che è relativamente contenuta.

Se invece quelle somme fossero state considerate donazioni tra fratelli, come ipotizzato in passato, ogni fratello avrebbe avuto solo €100.000 di franchigia e l’eccedenza tassata al 6%. Quindi, il chiarimento dell’Agenzia è in realtà favorevole per i contribuenti, perché applica il trattamento fiscale più vantaggioso (quello tra genitore e figlio). Naturalmente però, rimane fondamentale pianificare: bisogna valutare l’entità delle compensazioni e verificare se superano le franchigie. In caso affermativo, occorre tenere conto del costo dell’imposta sulle donazioni e magari prevedere liquidità sufficiente per farvi fronte senza problemi.

In sintesi, l’ultima Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate conferma che il patto di famiglia è uno strumento utile e con vantaggi fiscali per il passaggio generazionale dell’impresa, ma richiede attenzione: le compensazioni ai legittimari vanno gestite correttamente perché soggette a imposta sulle donazioni secondo le regole delle donazioni parentali. Conoscere in anticipo questo trattamento fiscale permette di evitare brutte sorprese e di sfruttare al meglio le opportunità di legge.

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