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Identità e Patrimonio Digitale

Oggi parleremo di identità ed eredità digitale, un concetto che non è stato ancora definito, né normato, sia a livello comunitario che nazionale.

Quando parliamo di eredità, facciamo normalmente riferimento all’automatico trasferimento di beni, ma anche a rapporti giuridici che nascono a causa del decesso di una persona. Quando parliamo di identità digitale dobbiamo fare però riferimento a dinamiche più complesse.

Se, infatti, appare indiscutibile che a monte del mondo digitale, vi siano per lo più contratti astrattamente trasmissibili, non tutti i diritti inclusi in tali rapporti possono formare oggetto di successione automatica, come ad esempio quelli personali riferiti a dati, condivisioni di contenuti e post.

Per focalizzare meglio la sfera digitale, occorre quindi distinguere identità e patrimonio digitale.
Sotto il primo aspetto ci riferiamo alla diffusione dei nostri dati personali via web, le nostre foto, la nostra immagine nelle relazioni e la condivisioni di contenuti.

Con il secondo termine, invece, ci riferiamo agli e-documents, ai supporti digitali e persino a bitcoin ed account di investimento online.

Vediamo quindi con Angelo cosa può succedere a questi assets in caso di decesso del titolare.
Per quanto riguarda l’identità digitale, occorre partire dall’articolo 27 del GDPR, il famoso regolamento generale sulla protezione dei dati personali, il quale esclude espressamente l’applicazione del Regolamento Europeo ai dati personali delle persone decedute, anche per il trattamento ai fini di archiviazione o di ricerca storica. 

La nostra normativa nazionale ha tuttavia disposto che i diritti riferiti ai dati personali di persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione.

E’ data comunque la possibilità da parte del de cuius di porre un veto, ma tale volontà deve risultare in modo non equivoco e deve essere specifica, libera e informata.

Si può quindi affermare che tali disposizioni escludono la trasmissibilità automatica di tali dati, non potendo formare oggetto di eredità, ma possono essere essere trattati da chi abbia un interesse proprio, quindi individuale o familiare meritevole di protezione, come, per esempio, la tutela del nome, dell’immagine e della reputazione.

Si tratta di una tutela successiva della privacy, data a chi peraltro può avere un pregiudizio dal trattamento del nome o dell’immagine del de Cuius.

La dottrina, ed in particolare il Consiglio Nazionale del Notariato, ha individuato nell’istituto del mandato post mortem, lo strumento più idoneo a trasmettere le indicazioni di come regolamentare la propria identità digitale, non avendo tale mandato contenuto patrimoniale e quindi assolutamente legittimo in quanto non in contrasto con il divieto dei patti successori.

Ciò significa che se qualcuno avesse interesse nella tutela della propria identità digitale, potrà ricorrere ad una precisa regolamentazione attraverso un atto tra vivi che preveda un mandato ad altri sull’utilizzo di tutti questi dati personali digitali.

Peraltro, è stato giustamente osservato che ricorrere anche per questi aspetti al testamento, sarebbe da sconsigliare perchè menzionare in tale atto profili e credenziali d’accesso significherebbe diffondere nel momento della pubblicazione del testamento stesso.

Certo, in questa ipotesi, è stata suggerita la figura dell’esecutore testamentario, quale incaricato di procedere al trattamento di questi dati, per tenere riservate determinate informazioni.
Per fare un esempio concreto, Facebook, il social network oggi più conosciuto al mondo, ha regolamentato tali aspetti, chiedendo anche nella fase di apertura del profilo di scegliere le sorti dell’account per il tempo in cui il suo titolare avrà cessato di vivere.

Non si tratta evidentemente di un testamento, ancorchè dell’identità digitale, ma tecnicamente di un atto di ultima volontà in quanto richiede al titolare dell’account, da subito o nel corso del rapporto, se i contenuti, o l’intero profilo, possano essere eliminati in modo permanente, ovvero se debbano continuare ad essere pubblicati a titolo commemorativo, escludendone l’utilizzabilità in mancanza di una tale preventiva disposizione.

Chi abbia, quindi optato per la conservazione, anche solo commemorativa, dell’account può nominare il cosiddetto contatto erede, il quale potrà scrivere post, rispondere alle nuove richieste di amicizia, aggiornare l’immagine di copertina, ma non potrà modificare i contenuti già esistenti.

Non si tratta, si ripete, di un testamento perché ne difetterebbe il requisito della forma, non sarebbero trasmesse le stesse credenziali, ma ne verrebbero consegnate altre ex novo che permetterebbero l’uso del precedente account.

Si potrebbe quindi pensare all’istituto degli atti di ultima volontà, ossia a quegli atti che proprio perchè non a contenuto patrimoniale, non contrastano con il divieto dei patti successori, e sono ammissibili ed efficaci come mere volontà unilaterali con effetti post mortem, senza dover osservare requisiti di forma, come quelli previsti dal testamento ovvero, come l’accordo richiesto nel contratto di mandato.

Diverso discorso, invece, occorre fare per patrimonio digitale, ossia per tutto ciò che assume la configurazione digitale, ma non rientra nei dati personali, come i supporti fisici, PC, chiavette e CD, che si trovino nella piena disponibilità del de cuius, i quali non sono altro che beni materiali. Come pure i contratti che regolano rapporti di servizi via web, conti on-line, carte di credito e cryptovalute.

Il contenuto patrimoniale è quindi trasmissibile automaticamente come eredità digitale.

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