Con la sentenza n. 7128 del 2023, depositata il 10.03.2023, la Suprema Corte casserà la decisione dei Giudici di merito poiché questi ultimi non hanno tenuto conto dell’orientamento giurisprudenziale di legittimità, come ricordato da varie sentenze della Cassazione, secondo il quale il diritto reale di abitazione, riservato al coniuge superstite dall’art. 540, comma 2, del Codice Civile (il cui valore va, peraltro, detratto dall’asse prima di procedere alla divisione tra tutti i coeredi), ha ad oggetto la sola “casa adibita a residenza familiare”, ossia l’immobile che in concreto è in grado di soddisfare l’esigenza abitativa di quello, conservando il luogo principale di esercizio della vita matrimoniale.
L’oggetto del diritto di abitazione mortis causa coincide, quindi, con il solo immobile in cui i coniugi – secondo la loro determinazione convenzionale, assunta in base alle esigenze di entrambi – dimoravano insieme stabilmente prima della morte del de cuius, organizzandovi la vita domestica del gruppo familiare, e non può estendersi ad un ulteriore e diverso appartamento.
Analogamente a quanto la stessa giurisprudenza afferma con riferimento alla nozione di casa familiare di cui all’art. 337-sexies del Codice Civile, è perciò da escludere che, l’ambito del diritto di abitazione che spetta al coniuge superstite, si estenda fino a comprendere due (o più) residenze alternative (come nella fattispecie ritenuti la villa di Costermano e l’appartamento di Verona), ovvero due (o più) immobili di cui i coniugi avessero la disponibilità e che usassero in via temporanea o saltuaria, come ad esempio per soggiorni, più o meno brevi, a scopo di vacanza, postulando, così, la nozione di casa adibita a residenza familiare con l’individuazione di un solo alloggio costituente, se non l’unico, quanto meno il prevalente centro di aggregazione degli affetti, degli interessi e delle consuetudini della famiglia durante la convivenza.
E’ stato, pertanto, enunciato il seguente principio: il diritto reale di abitazione, riservato al coniuge superstite dall’art. 540, comma 2, del Codice Civile, ha ad oggetto la sola “casa adibita a residenza familiare”, e cioè l’immobile in cui i coniugi abitavano insieme stabilmente prima della morte del de cuius, quale luogo principale di esercizio della vita matrimoniale; ne consegue che tale diritto non può comprendere due (o più) residenze alternative, ovvero due (o più) immobili di cui i coniugi avessero la disponibilità e che usassero in via temporanea, postulando la nozione di casa adibita a residenza familiare comunque l’individuazione di un solo alloggio costituente, se non l’unico, quanto meno il prevalente centro di aggregazione degli affetti, degli interessi e delle consuetudini della famiglia.