Nella puntata di oggi parleremo di una recente ordinanza della Corte di Cassazione che riguarda un tema di grande interesse: la donazione della nuda proprietà con riserva di usufrutto e il diritto all’indennità per miglioramenti. Un argomento complesso, ma che ha implicazioni pratiche molto rilevanti, soprattutto per chi si occupa di pianificazione successoria o gestisce beni ereditari.
Per darvi un’idea del contesto, vi raccontiamo il caso. Un padre, nell’ambito della gestione del proprio patrimonio, aveva deciso di donare a una delle figlie un terzo della nuda proprietà di un terreno. Fin qui nulla di straordinario, ma aveva anche riservato per sé e per la moglie l’usufrutto con un particolare diritto di accrescimento reciproco. Questo significa che, alla morte di uno dei due, l’altro avrebbe continuato a godere dell’intero usufrutto.
Le cose si complicano quando, successivamente alla donazione, il padre costruisce una villa sul terreno. Alla sua morte, gli altri due figli decidono di agire legalmente contro la sorella nuda proprietaria, richiedendo un’indennità per i miglioramenti fatti sul fondo. In altre parole, volevano essere risarciti per il valore aggiunto apportato dalla costruzione della villa.
Il Tribunale, in primo grado, respinge la richiesta. La motivazione? Al momento della morte del padre, non si erano verificati effetti giuridici tali da giustificare il pagamento dell’indennità. Una decisione che sembrava chiara e coerente con la situazione.
Ma la vicenda non si ferma qui. In appello, la Corte riconosce il diritto dei fratelli a ottenere un’indennità in base all’articolo 985 del Codice Civile. Secondo questa norma, chi riceve un bene migliorato rispetto alla condizione iniziale deve indennizzare chi ha sostenuto i costi per quei miglioramenti, in proporzione alle loro quote ereditarie.
Ed eccoci alla Cassazione, che con l’Ordinanza n. 28202 del 6 ottobre 2023 ribalta completamente la decisione d’appello. La Suprema Corte chiarisce un punto fondamentale: il diritto all’indennità per miglioramenti sorge soltanto al momento della restituzione del bene. Non prima.
Nel caso specifico, il bene non era stato restituito alla nuda proprietaria, poiché l’usufrutto si era accresciuto a favore della moglie superstite. Questo significa che il valore della nuda proprietà resta tale e quale, fino a quando l’usufrutto non si estingue del tutto. La richiesta di indennità, quindi, non aveva alcun fondamento giuridico.
La Corte sottolinea anche un principio più generale: in presenza di usufrutto congiuntivo e diritto di accrescimento, il valore del bene donato è limitato alla nuda proprietà, finché l’usufrutto resta attivo. Questo tipo di pianificazione successoria è particolarmente utile, ma richiede attenzione per evitare incomprensioni o contenziosi tra gli eredi.
Un doveroso ringraziamento va, come sempre, al nostro amico e collaboratore, l’avvocato Francesco Frigieri, per il suo prezioso contributo alla realizzazione di questo contenuto.