Parliamo di intelligenza artificiale, un tema sempre più presente nelle nostre vite e nei mercati.
Partiamo da una definizione illuminante dell’AI che arriva dal sito di Ammagamma, una società composta da ingegneri, matematici, storici, filosofi e designer. Ammagamma dice che l’intelligenza artificiale sta trasformando radicalmente la nostra capacità di interpretare la realtà. Pensiamoci: ogni fenomeno che osserviamo è fatto di informazioni in relazione tra loro, come i fili di un grande tessuto. L’AI ci aiuta a leggere questi fili e a trovare nuovi significati, nuove opportunità di crescita, valorizzando le risorse a disposizione e affiancando la consapevolezza umana con la potenza della matematica.
Ammagamma oggi fa parte di Accenture, un colosso della consulenza, e ci offre un punto di vista fondamentale: l’intelligenza artificiale non è un fine, ma uno strumento nelle mani dell’uomo. Con questa consapevolezza, vediamo cosa si intende per AI. Secondo l’Agenzia per l’Italia Digitale, l’AI è un sistema automatico che, per un insieme di obiettivi definiti, esegue attività come apprendere, ragionare e risolvere problemi sulla base degli input ricevuti. È un po’ come un apprendista che diventa sempre più bravo man mano che lavora e impara dagli errori.
Proprio così, Un’altra definizione la troviamo su Agenda Digitale: l’AI è il processo attraverso cui macchine e software simulano l’intelligenza umana. Pensate ai sistemi di riconoscimento vocale, alla visione artificiale, o all’elaborazione del linguaggio naturale: sono esempi concreti. In pratica, è come dare a un robot la capacità di capire, imparare e agire, operazioni che fino a poco tempo fa erano prerogativa esclusiva dell’uomo.
Mi piace questa immagine, Angelo. Ma andiamo ancora più a fondo. L’AI è una branca dell’informatica, che studia come formalizzare problemi e compiti simili a quelli umani. L’informatica stessa, lo ricordiamo, è la scienza che si occupa di trattare e trasmettere informazioni grazie all’elaborazione elettronica. Pensate a quando usate lo smartphone per leggere notizie, inviare messaggi o guardare video: dietro c’è un’enorme potenza informatica che gestisce quantità immense di dati.
L’AI è quindi un sottocampo dell’informatica che si concentra sulla costruzione di sistemi intelligenti. Ciò include machine learning, elaborazione linguistica, robotica e visione artificiale. Gli algoritmi permettono ai computer di prendere decisioni in autonomia e risolvere problemi. È un po’ come insegnare a un bambino a riconoscere le lettere per poi comporre parole e frasi: all’inizio si dà una mano, ma poi il bambino procede da solo.
Parliamo ora delle differenze tra AI, machine learning e deep learning. Spesso usati come sinonimi, in realtà non lo sono. Il machine learning è una sotto-area dell’AI e si occupa di sviluppare algoritmi che permettono ai computer di imparare dai dati e migliorare nel tempo, senza essere programmati per ogni singola attività. Pensiamo a un sistema che impara a riconoscere le foto di cani e gatti: più immagini vede, più diventa bravo a distinguerli.
E il deep learning è un sottoinsieme ancora più specifico del machine learning. Utilizza reti neurali profonde, ossia strutture con molti livelli, per imparare dai dati. Qui troviamo i foundation models, come GPT di OpenAI e LLaMa di Meta, che hanno fatto esplodere l’interesse per l’AI generativa. Per esempio, i large language models come ChatGPT sono specializzati nell’elaborazione del linguaggio naturale.
E a proposito di applicazioni pratiche, l’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano ne individua sei principali. Partiamo dai chatbot, assistenti virtuali attivi 24 ore su 24, utili per clienti e dipendenti. Pensate ai siti di e-commerce o alle banche online: spesso dietro le chat di assistenza c’è proprio un chatbot che aiuta a risolvere dubbi in tempo reale.
Poi c’è il Natural Language Processing, o NLP, che si occupa di testi e cerca di favorire l’interazione uomo-macchina. È grazie all’NLP se possiamo parlare ai nostri dispositivi o ricevere suggerimenti pertinenti durante una ricerca online.
Non dimentichiamo la Computer Vision, che permette ai computer di comprendere immagini e video. Un esempio pratico? Il riconoscimento facciale nei telefoni o le telecamere di sorveglianza intelligenti.
E ancora, l’Intelligent Data Processing, che estrae informazioni da grandi moli di dati, e i Recommendation System, cioè i sistemi di raccomandazione, come quelli di Netflix o Amazon, che ci suggeriscono film o prodotti in base alle nostre preferenze.
Tra le applicazioni fisiche, troviamo i veicoli autonomi, i robot autonomi e gli intelligent objects, cioè oggetti che agiscono e prendono decisioni da soli in base all’ambiente. Pensate alle auto a guida autonoma o agli elettrodomestici smart.
Parliamo ora di AI generativa, una forma di AI che crea nuovi contenuti — testi, immagini, video, audio, codice — che prima richiedevano la creatività umana. ChatGPT, per esempio, ha mostrato al grande pubblico cosa può fare questa tecnologia: scrivere articoli, ricette, e-mail, generare immagini o compilare codice.
Le applicazioni dell’AI generativa sono enormi: nella programmazione semplifica la creazione di software, nel customer service migliora l’esperienza utente, nell’innovazione aziendale aiuta a generare idee nuove, e nella gestione della knowledge base organizza le informazioni aziendali rendendo più efficiente l’accesso alle conoscenze.
Guardiamo ai settori specifici: nella comunicazione ci sono assistenti come Siri e Alexa, la traduzione automatica di Google Translate e i chatbot. Nel settore sanitario, AI supporta diagnosi, sviluppo di farmaci e assistenza personalizzata.
Nell’industria, AI guida la robotica, la manutenzione predittiva e il controllo qualità. E non dimentichiamo altri settori come la finanza, con la gestione del rischio e la lotta alle frodi; i trasporti, con le auto autonome; l’agricoltura, per monitorare le colture; e l’educazione, per personalizzare l’apprendimento.
In conclusione, l’intelligenza artificiale è un tema in continua evoluzione che farà sempre più parte della nostra vita. L’importante è comprenderla come uno strumento da gestire in modo consapevole e responsabile, due valori che guidano anche il nostro lavoro quotidiano.