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Quando il contribuente può bloccare la riscossione?

Oggi parleremo di un’interessante sentenza n.25750, depositata in data 1.9.22, con la quale la Corte di Cassazione chiarisce il momento in cui opporre l’eccezione dell’escussione preventiva del patrimonio sociale, rispetto al patrimonio personale.

In caso di debito della società di persone nei confronti del fisco, il contribuente-socio che dovesse ricevere la notifica in proprio di una cartella esattoriale, deve in quel momento eccepire la preventiva escussione del patrimonio sociale: in altre parole, il fisco dovrà, quindi, prima escutere il patrimonio sociale e, in caso di incapienza, potrà escutere quello personale del socio.

La Corte, in particolare, preciserà che la cosiddetta eccezione volta a far valere l’escussione preventiva, ossia la necessità di escutere il patrimonio sociale prima di quello personale, si ha fin dalla notifica della cartella esattoriale.

Elencare tutte le Leggi sulla quale si basa questa sentenza sarebbe complesso e noioso: pertanto ve le lasciamo qui in descrizione.

Sul punto si sono espresse, infine, le Sezioni Unite che hanno recepito quest’ultimo orientamento, osservando che «In tema di riscossione ed esecuzione a mezzo ruolo di tributi il cui presupposto impositivo sia stato realizzato dalla società e la cui debenza risulti da un avviso di accertamento notificato alla società e da questa non impugnato, il socio può impugnare la cartella notificatagli eccependo (tra l’altro) la violazione del beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale.
In tal caso:

* se si tratta di società semplice (o irregolare) incombe sul socio l’onere di provare che il creditore possa soddisfarsi in tutto o in parte sul patrimonio sociale;

* se si tratta, invece, di società in nome collettivo, in accomandita semplice o per azioni, è l’amministrazione creditrice a dover provare l’insufficienza totale o parziale del patrimonio sociale (a meno che non risulti, in altro modo, dimostrata in modo certo l’insufficienza del patrimonio sociale per la realizzazione anche parziale del credito, come, ad esempio, in caso in cui la società sia cancellata).

Ne consegue che, qualora l’amministrazione provasse la totale incapienza patrimoniale, il ricorso andrebbe respinto; se, invece, il coobbligato beneficiato provasse la sufficienza del patrimonio, il ricorso andrebbe accolto.

Se la prova della capienza dovesse essere parziale, il ricorso sarà accolto negli stessi limiti. Se nessuna prova si riesce a dare, l’applicazione della regola suppletiva posta dall’art. 2697 del Codice civile comporterà che il ricorso sarà accolto o respinto, a seconda che l’onere della prova gravi sul creditore, oppure sul coobbligato sussidiario come previsto dalla sentenza della Cassazione a sezioni unite n. 28709 del 16/12/2020.

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