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Veleno o Regalo?

Gift… una parola che, tradotta dall’inglese significa regalo ma, se lo traducessimo dal tedesco, significherebbe… Veleno!

Due facce della stessa medaglia: donazione o veleno?

Secondo le ultime pubblicazioni, in Italia, esistono più di 30.000.000 di beni immobili, intestati per il 90% a persone fisiche. 

È noto, poi, che la cultura della proprietà nel nostro Paese sia molto radicata, considerata anche la percentuale dei proprietari di case senza mutui pendenti, per quasi il 60% del totale. 

In questo contesto, è poi emerso che nell’anno 2016, il 15% degli atti aventi ad oggetto beni immobili, ha avuto natura di donazioni dirette, le cui motivazioni sono da ricercare, prevalentemente, nel timore che il passaggio di tali beni possa essere più oneroso nel prossimo futuro, per il verosimile aumento delle imposte di successione, già oggetto di progetti di riforma, così come nell’effettivo risparmio sulla tassazione IMU, ad esempio, per effetto della destinazione a prima casa, della seconda abitazione, attraverso l’intestazione genitori-figli.

Accanto a questa percentuale relativa alle donazioni dirette, possiamo sicuramente ritenere, seppure in astratto per mancanza di dati, che la stessa percentuale, se non addirittura maggiore, derivi da donazioni indirette o atipiche, vale a dire da donazioni concretizzate da atti diversi (per esempio dalle vendite), ma con fine donativo, quali, ad esempio, per il prezzo non pagato o dazione del denaro per l’acquisto dell’immobile o di altri beni.

In questo contesto di ricorso incontrollato alle donazioni, ci sono principalmente due aspetti da considerare allo scopo di evitare conseguenze negative al proprio patrimonio e liti ereditarie.
Il primo è quello di dimenticare che le donazioni sono un anticipo della successione per cui devono essere “ricalcolate” nel momento in cui il donante muore e che ostacolano la libera circolazione del bene stesso per almeno 20 anni dalla donazione.

Il secondo è quello di pensare che attraverso donazioni dirette e/o indirette, si sia fatto tutto improntato all’equilibrio patrimoniale nei confronti, per esempio, dei figli, non considerando l’imputazione diversa dei valori stessi ai fini della collazione, variabile a seconda della natura del bene donato.

Occorre segnalare che nelle donazioni, soprattutto dirette, non emerge mai il valore di mercato del bene donato, se non quello fiscale, con la conseguenza che il relativo accertamento lo si avrà solo al momento del decesso del donante.

Ciò vale anche per le donazioni indirette del denaro per l’acquisto di un immobile, in quanto il valore del denaro risulterà irrilevante al cospetto del valore del bene al momento del decesso del donante.

L’accertamento delle donazioni indirette non è poi di facile individuazione considerata che la donazione è lo scopo all’interno del negozio mezzo e di conseguenza non vi è nessun obbligo di dichiarare la liberalità in atto.

Ciò significa, e per esempio, che la somma di denaro regalata al figlio per l’acquisto dell’immobile, destinato, per esempio, dal primogenito all’esercizio di un’attività, andrà imputato con riferimento al valore del bene alla data di apertura della successione, mentre la stessa somma di denaro donata all’altro figlio per soddisfare altre esigenze, e quindi, non certo per l’acquisto di un bene immobile, verrà attualizzata nel suo valore nominale, con probabile evidente differenza fra i due cespiti, equivalenti al momento della donazione, ma non all’apertura della successione.

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