Il cambiamento climatico: un megatrend su cui investire!
Il cambiamento climatico è la sfida più importante per il pianeta nei decenni futuri.
È per tale ragione che diventa essenziale limitare l’incremento delle temperature, che deve rimanere sotto i 2°, anche se effetti collaterali negativi, anche a questo livello, sussistono.
Nel 2021 la Terra è stata più calda di 1,1° rispetto al periodo preindustriale. È quanto emerge da uno studio condotto dalla Nasa insieme alla National Oceanic and Atmospheric Administration, rivelando come otto degli anni più caldi siano stati registrati nell’ultimo decennio.
Il riscaldamento globale, oltre a causare la fusione dei ghiacciai e l’innalzamento del livello del mare, innesca altri cambiamenti come la desertificazione e l’aumento di fenomeni estremi, fra cui uragani, inondazioni e incendi: lo stravolgimento del clima rischia di provocare danni incalcolabili.
La comunità scientifica è compatta nell’attribuire la causa alle emissioni antropiche di gas a effetto serra in atmosfera, in particolare a partire dall’epoca della Rivoluzione Industriale. Il principale fra questi gas, l’anidride carbonica, proviene in gran parte dal settore energetico che comprende anche, ma non solo, la generazione di elettricità.
Nel dicembre 2015, alla COP21 di Parigi, è stato firmato un accordo internazionale che fissa l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale entro la fine di questo secolo al di sotto di 2° rispetto ai livelli preindustriali e, possibilmente, limitarlo a 1,5°. La Cop26 di Glasgow, che si è tenuta nel novembre 2021, ha sancito l’impegno a raggiungere entro il 2050 la cosiddetta Carbon Neutrality.
L’accordo sul clima Cop27 segna invece un passo importante nella questione della giustizia climatica, ovvero la richiesta d’istituire un fondo (Loss & Damage) per pagare perdite e danni provocati dalla crisi climatica, anche no sono stati fatti molti progressi dal patto di Glasgow.
Come si limita l’innalzamento della temperatura?
Lo strumento principale è la transizione energetica, cioè il passaggio da un mix energetico centrato sui combustibili fossili a uno a basse o a zero emissioni di carbonio, basato sulle fonti rinnovabili.
Con transizione energetica si indica un processo di trasformazione del quadro di soddisfacimento dei fabbisogni energetici verso soluzioni caratterizzate da un ridotto impatto ambientale (con particolare riferimento alle emissioni di gas climalteranti) e, più in generale, da una maggiore sostenibilità. Caratteristiche fondamentali di questo processo sono la transizione verso un portfolio di fonti energetiche prevalentemente basate sull’utilizzo di risorse rinnovabili, la diffusione di soluzioni di efficienza in tutti gli utilizzi dell’energia e, infine, la disponibilità di soluzioni di cattura e sequestro dell’anidride carbonica, che rendano possibile l’utilizzo sostenibile delle fonti fossili.
La storia ci insegna che già in passato si è assistito a simili cambiamenti epocali: quando dal legno si è passati al carbone e dal carbone all’utilizzo del petrolio. Rispetto alle transizioni precedenti, quella che si sta ora vivendo differisce per l’urgenza di implementazione visto le ricadute disastrose che un aumento della temperatura genera sul Pianeta.
La spinta alla decarbonizzazione, che passa anche attraverso l’elettrificazione dei consumi e alla digitalizzazione delle reti, ha accelerato i cambiamenti nel settore energetico: in un decennio (dal 2010 al 2019) i costi delle tecnologie rinnovabili sono diminuiti dell’80% nel caso del solare fotovoltaico e del 60% dell’eolico onshore.
Nel 2021, la quota di energia primaria da fonti rinnovabili a livello mondiale è arrivata al 13,5%, mentre la quota di produzione mondiale di energia elettrica rinnovabile al 25%. In Italia, al 2020, la media nazionale delle fonti rinnovabili sui consumi lordi finali ha raggiunto il 19%. La produzione elettrica rinnovabile registrata nel 2021 si è attestata al 36%, ma dovrà superare l’80% entro il 2030.
Nel luglio del 2021 è stato approvato il pacchetto “Fit for 55” da parte della Commissione europea in materia di clima, energia, uso del suolo, trasporti e fiscalità energetica. Si tratta di misure il cui obiettivo è quello di ridurre le emissioni di gas serra dell’Ue del 55% (invece che del 40% previsto in precedenza) entro il 2030, in modo da impostare, adeguatamente, il percorso verso la neutralità climatica nel 2050.
Inoltre, lo scorso maggio la Commissione Europea ha presentato il piano di investimenti Repower EU per la transizione verde in Europa, che vale 300 miliardi di euro. È una risposta alle tensioni nel mercato energetico globale. Oltre a voler porre fine alla dipendenza dell’Unione dai combustibili fossili russi, ha l’obiettivo di accelerare la transizione verde.
Lo scorso agosto il Congresso degli Stati Uniti ha approvato l’Inflation Reduction Act (Ira), un piano di riforme la cui componente principale riguarda il clima: quasi 370 miliardi di dollari stanziati. La finalità è quella di raggiungere i target di riduzione delle emissioni entro il 2030 (50%) attraverso la costruzione di un ecosistema industriale in settori considerati strategici. Comprende una serie di incentivi che agevolerà, sia le imprese, sia le famiglie, nella transizione green.
Da un’indagine del Forum per la Finanza Sostenibile, realizzata con BVA Doxa e presentata in apertura delle Settimane SRI, emergono preoccupazione per il contesto attuale, ma anche fiducia nella transizione energetica: oltre metà degli intervistati la ritengono una trasformazione necessaria con vantaggi e opportunità. La finanza sostenibile riscuote sempre più interesse: il 79% dei risparmiatori conosce gli investimenti sostenibili e il 22% (contro il 18% del 2021) ha sottoscritto prodotti SRI. Dall’inchiesta emerge che crisi energetica, inflazione e cambiamento climatico sono le principali preoccupazioni.
Nello specifico, per quanto riguarda la transizione energetica, essa viene vista da “oltre la metà dei rispondenti (il 51%) come una trasformazione necessaria, i cui vantaggi e opportunità nel medio-lungo termine supereranno di gran lunga i costi nel breve. Il 35% dei risparmiatori associa poi al processo di transizione la possibilità di raggiungere l’autosufficienza energetica e un risparmio sulle bollette. Inoltre, circa l’80% del campione concorda sul fatto che la transizione energetica potrà offrire opportunità di investimento e di lavoro, con la creazione di nuove competenze, anche se il 70% è convinto che gli effetti positivi della transizione energetica si vedranno solo in futuro.
Tra gli ambiti di intervento prioritari per la transizione energetica i risparmiatori citano soprattutto l’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili (fondamentale per il 55% dei rispondenti) e lo sviluppo delle tecnologie collegate sia a queste ultime sia all’efficientamento energetico (rilevanti per 4 rispondenti su 10).Ma attenzione, emerge anche che negli ultimi mesi, il tema della transizione energetica è stato spesso presente nei media, ma solo 2 risparmiatori su 10 dichiarano di conoscerlo bene, mentre il 55% degli intervistati afferma di avere una conoscenza superficiale in merito e il 22% ne ha solo sentito parlare.
Diventa quindi rilevante il ruolo che un consulente finanziario può avere in materia, al fine di chiarire come un tema di grande attualità e fondamentale per la sopravvivenza del Pianeta, possa trovare declinazione in soluzioni di investimento indirizzate a favorire la transizione energetica.
Anche in merito a questo aspetto, il consulente può offrire un importante contributo. Infatti, investire nella transizione energetica significa toccare diversi ambiti e, di conseguenza, diverse industrie: dalle materie prime ai veicoli elettrici, dall’eolico al solare, dai processi di elettrificazione alle nuove tecnologie per catturare l’anidride carbonica. Capire quale esposizione avere sul tema, all’interno del portafoglio, dipende dal profilo di rischio del cliente e dal suo orizzonte temporale.